La Fibrillazione Atriale (FA) costituisce l’aritmia cronica più frequente con una prevalenza del 2% della popolazione generale ma progressivamente crescente con l’aumentare dell’età, fino ad arrivare al 15% negli ultraottantenni. Colpisce più frequentemente gli uomini e aumenta di circa 3 volte il rischio di scompenso cardiaco e di circa 5 volte il rischio di ictus ischemico con esiti più invalidanti e un rischio di recidiva più elevato rispetto ai pazienti senza FA. Per questo diventa fondamentale intercettare più rapidamente possibile i pazienti con FA e intervenire con il trattamento più adeguato alle caratteristiche del paziente. La terapia anticoagulante con AVK è stato per diverse decadi l’unico presidio terapeutico disponibile in grado di ridurre il rischio tromboembolico in prevenzione primaria e secondaria; l’avvento dei DOACs ( direct-acting oral anticoagulants) ha successivamente rivoluzionato il paradigma di trattamento dei pazienti con FA e con tromboembolismo venoso dimostrandosi non inferiori o addirittura superiori rispetto agli agonisti della vitamina K nel ridurre il rischio di stroke ed embolismo sistemico e con un profilo di sicurezza confermato anche nella real life che garantisce una riduzione del rischio di emorragia cerebrale di oltre il 50% rispetto agli AVK con un modesto aumento del rischio di sanguinamento gastrointestinale . Ad oggi però questi farmaci sono ancora ampiamente sottoutilizzati e si stima che il 30-40% dei pazienti con FA non stia assumendo un trattamento appropriato. Su questa premessa nasce il progetto NAOlab, un’occasione di confronto in cui , attraverso un’analisi critica delle evidenze, delle LG e attraverso la condivisione della pratica clinica, ripercorrere e suggellare i flussi decisionali che portano alla scelta del trattamento anticoaglulante nei diversi scenari clinici in cui il paziente con FANV viene a trovarsi.