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Diagnosi e interventi sul trauma secondo la prospettiva polivagale

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Descrizione del corso
Ogni Psicologo, Psicoterapeuta e Psichiatra sa che, con persone con storie violente e maltrattanti, il dialogo spesso è difficile: la persona sembra indifferente, disattenta se non addirittura ostile alle proposte di aiuto. Questo può provocare nell’operatore d’aiuto una certa frustrazione o senso di impotenza e stimolare risposte di rifiuto, disinteresse, rabbia o frustrazione. Alcune reazioni traumatiche spesso non sono riconosciute, come per esempio la dissociazione: tutti abbiamo letto di sentenze in cui la vittima di uno stupro non viene creduta perché ritenuta “poco credibile” o poco coinvolta a quanto le è accaduto. Sappiamo come talvolta anche la presa in carico avviene con fatica: vittime che ritornano con il proprio carnefice, che minimizzano quanto loro accaduto o, viceversa, che a loro volta vittimizzano il proprio partner, i propri figli o, a scuola, si mettono a loro volta nel ruolo di bulli. Riconoscere le storie di Maltrattamento e le sue conseguenze sul proprio corpo, le reazioni emotive e la difficoltà a raccontarsi e intrattenere relazioni sane sono competenze necessarie per qualunque operatore sociale. È importante saper approcciare tali vittime, riuscire a intrattenere un dialogo e mantenere quell’ingaggio sociale che è una componente essenziale dell’intervento di aiuto. Le ricerche neuroscientifiche degli ultimi decenni e in particolare la Teoria Polivagale di Stephen Porges hanno contributo significativamente a spiegare certe reazioni comportamentali che sono strettamente connesse al buono o cattivo funzionamento del nostro Sistema Nervoso: la disregolazione del "Sistema di Ingaggio Sociale” avviene negli esseri umani seguendo le stesse vie nervose di qualunque mammifero. Di fronte alla percezione di una minaccia il nostro Sistema Nervoso arcaico si attiva analogamente a un cane, un gatto o una antilope. Tuttavia la complessità del nostro sistema di comunicazione ci rende più sensibili a una quantità maggiore di stimoli, aumentando così il nostro rischio di entrare in stati di caos emotivo. Entrare in contatto con storie di persone maltrattate significa entrare in contatto con corpi che hanno reazioni “disregolate” abbastanza tipiche; le parole non bastano, occorre saper osservare il loro e il proprio corpo attraverso l’ascolto delle sensazioni, delle emozioni, delle reazioni. Tra queste parti del corpo una delle più sensibili è la laringe, con la “sensazione di stringimento alla gola”; di conseguenza il suono della voce si blocca o ne esce alterato. Inoltre, le neuroscienze hanno messo in evidenza come nei DPTS-C (situazioni traumatiche croniche) l’area cerebrale del linguaggio è disconnessa dalla corteccia pre-frontale (CFP) rendendo difficile l’accesso alla verbalizzazione. Si possono creare due fenomeni: il ricordo e racconto di una situazione traumatica (la relazione traumatica o l’evento relazionale traumatico) emerge con voce piatta e monotona che esprime lo stato dissociativo, “perché non sono coinvolto in ciò che dico, lo sento distaccato da me”; lo stato dissociato protegge dal rischio di rientrare in sintonia col racconto, col rischio di far entrare la vittima in uno stato di crisi (pianto o ritiro in se’ stessa/o) e tendere all’evitamento (rischio drop out o anche rischio shut-down se l’emersione è troppo rapida) e quindi portare facilmente all’interruzione della presa in carico. il racconto è frammentato o con parti ricostruite a posteriori, spesso connesse a ricostruzioni post hoc (problema dell’attendibilità della testimonianza). Per ritornare alla possibilità narrativa dell’evento o della situazione complessa e integrarlo nella propria vita occorre recuperare il contesto emotivo e relazionale in cui questo evento è inserito per comprendere come possa ripresentarsi nella situazione attuale. Per esempio immaginiamo una situazione specifica (la perdita improvvisa di una persona significativa), oppure a situazioni traumatiche complesse (per esempio un contesto familiare violento, deprivante o gravemente depressivo). Come tener conto del blocco della narrabilità durante la presa in carico della vittima? Ogni operatore ha come primo compito quello di creare un contesto dove sia possibile il mantenimento dell’ingaggio sociale, altrimenti qualunque forma di aiuto non si attiverà. Dato che il blocco narrativo avviene a livello del primo sviluppo della elaborazione senso-motoria stessa dell’evento, occorre intervenire prima di tutto su azioni di tipo corporeo-relazionale rassicuranti, al fine di rimettere in movimento questa situazione, ovvero restituirle Tempo e Ritmo. Il fatto è accaduto nel passato, ma a noi interessano le conseguenze che permangono oggi e che sono il dato emergente; il dolore ci porta a temere di Re-agire e Ri-agire quel movimento bloccato! Intorno a quell’evento si sono attivati i sistemi difensivi tesi a tenere sotto controllo il dolore affinché non superi la soglia di blocco del funzionamento vitale e, in molte situazioni, questo vuole dire che non mi aspetto aiuto da nessuno e devo arrangiarmi da sola/o. Ecco perché per l’operatore di aiuto diventa difficile acquisire sufficiente fiducia: deve tener conto dell’ostacolo della fiducia stessa come possibile fonte di delusione e quindi di dolore. Comprendere il funzionamento polivagale significa capire se la persona con cui stiamo trattando si trova in uno stato in cui l’ingaggio sociale è al momento accessibile, possibile, o temporaneamente bloccato. Così come non possiamo avvicinarci bruscamente a un cagnolino che è stato preso a calci, ed occorre prima acquisirne la fiducia, analogamente occorre superare la diffidenza arcaica della persona maltratta, la cui fiducia nelle relazioni è stata violentemente tradita.
Tipologia Fad:Corsi in diretta su piattaforma multimediale dedicata (aula virtuale, webinar) - Fad sincrona
Informazioni corso
Crediti assegnati:6
Periodo di svolgimento:25/06/2022
Durata del corso (in ore):64
Azienda/Ente formativo:Apl - Psicologi Lombardia
Verifica apprendimento:Questionario a risposta multipla (se online: con doppia randomizzazione)
Responsabile scientifico:Dott. Giuseppe Roberto Troisi
Qualifica:Psicologo, Psicoterapeuta, Supervisore Centro d’Aiuto Psicologico per adolescenti, giovani e famiglie
Quota di partecipazione:420 €

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